Come avverrà (se avverrà) il cambio di paradigma fra il web e il Metaverso, che del web è una delle sue forme evolutive più attraenti?
Mark Zukemberg la settimana scorsa ha annunciato all’evento Facebook Connect con il cambio di nome della sua holding in META, la direzione nella quale sta concentrando ricerca, sviluppo e futuro della sua azienda: la realizzazione del Metaverso.
Con questa mossa, ha aperto il vaso di pandora dell’Hype tecnologico, scatenando fiumi di parole su cosa sia, in cosa consiste e in che modo si concretizzerà uno dei topos più longevi della storia della tecnologia.
Il Metaverso è una idea che ha avuto diversi nomi nella storia della tecnologia, assumendo nel tempo connotati mitici, uno storytelling che ha generato aspettative, visioni, ma anche progetti e realizzazioni che del eMtaverso hanno realizzato parti, anche consistenti, ma senza mai raggiungerne gli obbiettivi: quello di essere la tecnologia risolutiva, accessibile universalmente da tutta l’umanità (che se lo può permettere N.d.R. ) unendo conoscenza ed esperienza in un unico medium.
Descritto così, il Metaverso sembra più una categoria dello spirito, un Santo Graal tecno-scientifico che riguarda più la letteratura che non la realtà dei fatti.
D’altronde non è un caso che Neal Stephenson coniò il termine Metaverso come metafora pan-tecnologica nel suo romanzo Snow Crash (1992), oggi citato nel giornalismo più superficiale come il punto di partenza, il caso letterario che da il nome e dunque tout-court per proprietà transitiva, anche la sua ideazione.
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