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I Mondi Virtuali sono il laboratorio di stile del prossimo futuro? Intervista a Dario Buratti Virtual architect


Ho cercato in rete “definizioni di architettura”. Qualcosa di fulminante e chiaro, qualcosa che mi convincesse. Non è stato facile.
Architetti di ogni tempo hanno detto la loro su cosa fosse architettura, ma nessuna aveva il dono della sintesi nè la chiara e luminosa evidenza che cercavo, unito alla compatibilità col mio sentire e quello che avevo da dimostrare. Ma proprio sul finire della mia volontà di resistere, quando stavo per mollare e inventarmene una da me stesso, ho chiesto aiuto e l’ho ricevuto dall’amico e Digital Guys Danilo Premoli che mi ha suggerito le parole del suo architetto totemico.

L’architettura è la volontà di un’epoca tradotta in spazio

Mies van der Rohe

Ecco quello che cercavo.
Se c’è qualcosa che caratterizza fortemente la nostra epoca è proprio l’aprirsi sullo sconfinato spazio digitale, teoricamente tanto grande quanto quello fisico. La realtà virtuale, espressione che reputo non propriamente felice, ci ha aperto una dimensione spaziale (e contemporaneamente sociale, economica, culturale) che, come è nelle regole della natura, tende ad essere riempita.

Così il Cyberspazio dei dati, trasformatosi in regioni, in luoghi, in paesaggi, ha generato le sue architetture, centri urbani, periferie, monumenti, centri commerciali, luoghi di culto e di divertimento, rispondendo alle esigenze della società che l’ha creata e popolata “al di là dello specchio”, creando luoghi e architetture con stili, estetiche, destinazioni d’uso che nulla hanno a che fare con la nostra terrena esistenza. Ma il Nuovo Mondo per dirla così non ha cancellato i legami culturali, gli usi e i costumi che ci uniscono al Vecchio Mondo, anzi. Al contrario.

Questo Ecumene Digitale, questa nuova “casa dove tutti viviamo”, riflette e rispecchia la realtà che ci circonda e che noi abbiamo importato nell’immateriale, quasi ad assicurarci la necessità di un equilibrio, una compensazione tra irreale e reale di cui abbiamo bisogno per comprendere ciò che ci circonda anche e soprattutto in un luogo immateriale. I mondi virtuali diventano così straordinari cataloghi degli immaginari concreti, concretissimi di una realtà trasfigurata (condomini, villaggi vacanza, capannoni: perché in un mondo dove l’impossibile è possibile?) che convivono senza soluzione di continuità con architetture straordinariamente impossibili in una Fusion immaginaria che agisce non solo da collante, ma anche da generatore di nuovi approcci stilistici che attualizzano e rendono contemporanei tutti gli stili possibili, tutte le epoche possibili come se la storia dell’architettura fosse deflagrata in frammenti ricomposti a capriccio.

Questo vuol fare intendere un “liberi tutti” architettonico, lo svincolarsi da ogni approccio formale? Assolutamente no. C’è bisogno invece di una sensibilità nuova, e di una vasta cultura, che non conosca più differenza fra l’alto e il basso, fra mainstream e underground.
Quale ruolo ricopre l’architetto e l’architettura in questa gamification dell’immaginario? Come possiamo definire i bordi (se è possibile) in cui inquadrare questo scenario?
Questa domanda l’abbiamo rivolta a Dario Buratti, scenografo e architetto che del virtuale ha fatto la sua professione con Vr-Cult, il marchio che contraddistingue la sua produzione che fra i Creators e gli imprenditori del v-business non ha bisogno di presentazioni. Oltre ad essere membro attivo dei Digital Guys.

Parte della risposta al quesito è stata estratta dal suo intervento a Ultrauffici in Ultrapolis, lo speech che abbiamo realizzato per la Milano Digital Week il 19 marzo scorso, parte viene dalla periodica discussione cha abbiamo di Messenger, la nostra chat preferita, in cui lasciamo numerose tracce del nostro pensiero.
E una intervista sulla fusione e mescolanza, non poteva che esserlo a sua volta.

Passage, 2018

Stex – Cerchiamo prima di tutto di capire il contenitore in cui si colloca la nostra architettura. Di cosa stiamo parlando?

Dario – Siamo all’interno di piattaforme social VR come Sansar, Second Life. Sinespace. Queste piattaforme generalmente inserite sotto la grande famiglia dell’intrattenimento e del gaming, sono più specificatamente luoghi di aggregazione e di esperienza personale anche di tipo professionale e lavorativo, questo perché oltre all’aspetto puramente ludico ed esperienziale, all’interno di esse esiste un grande apparato di “creatori privati” e “business avatar” che sviluppando e distribuendo a pagamento contenuti e servizi contribuiscono ad incrementare vere e proprie linee di mercato ed economie interne.
La presenza di moneta virtuale facilmente spendibile o convertibile in valute fiat come il dollaro americano ha permesso la nascita di figure professionali in grado di percepire guadagni esattamente come nella realtà quotidiana. È stato calcolato, ad esempio, che il mercato interno di second life, in termini di interscambi economici fra utenti corrisponde a circa 650 milioni di dollari all’anno.
Questo dato è stato rilevato fra il 2016 e il 2017 tuttavia è facile pensare che si sia ulteriormente incrementato anche per causa della pandemia e al fatto che a metà del 2020 per la prima volta nella sua storia la società produttrice ha bloccato la vendita di nuovi territori virtuali in quanto gli spazi disponibili per posizionare nuove terre erano pieni.

Stex – E in questi mondi virtuali sociali, quali sono le professioni della creatività?

Dario – Tornando al discorso delle professioni possiamo dire che mediamente esistono tre grandi categorie professionali, la prima è quella dei Creator. I quali producono manufatti, oggetti e accessori virtuali dedicati a tutta una serie di funzioni. Ad esempio, uno dei settori che conta più addetti è quello dedicato all’upgrade dell’avatar, parliamo di moda di body beauty e di accessori. Esiste un settore dedicato alla creazione di spazi virtuali quindi elementi paesaggistici, architetture, arredamenti, veicoli eccetera.

In questo contesto, la mia attività è quella di progettare e creare edifici commerciali come negozi e uffici, aree per eventi e gallerie d’arte. Quindi realizzo costruzioni dedicate al lavoro e alle professioni. Gli spazi di lavoro vengono parametrizzati esattamente come nella realtà alle esigenze del committente, il quale necessita di edifici customizzati alla propria attività sia a livello funzionale che a livello estetico.

Altre categorie professionali di una certa rilevanza sono sicuramente i Landlord, i quali sono veri e propri proprietari di vastissimi territori che vengono parcellizzati ed affittati agli utenti che vogliano intraprendere un’attività di qualunque genere o semplicemente avere uno spazio personale nel Metaverso e gli organizzatori di eventi, sia di tipo commerciale che culturale, educational e musicale.

Photo from House Party, 2017

Stex – Dunque esistono non solo precisi ambiti professionali, ma anche ovviamente una committenza, un soggetto attorno al quale costruire un mercato, creare e soddisfare esigenze. Chi è?

Dario – Qui c’è da dire che Il processo di nascita e formazione delle figure professionali che ho citato è il frutto dello sviluppo di una profonda coscienza identitaria digitale che vede nella figura dell’avatar il fulcro di dinamiche sociali ed economiche che di per sé costituiscono il motore evolutivo dei mondi stessi. Il continuo interscambio di competenze, prodotti e servizi ha dato origine nel corso degli anni ad un tipo di economia basata sostanzialmente sul prosuming.

L’identità digitale, vista come un’estensione della propria identità reale, diventa valore sociale, economico e dunque professionale da spendere all’interno di un contesto quasi completamente separato dalla realtà di tutti i giorni. Da questo punto di vista piattaforme del genere sono degli ottimi laboratori per valutare quali siano le dinamiche e i meccanismi su cui si potrebbero fondare sistemi in realtà virtuale e aumentata di prossima generazione.

L’avatar con il proprio corpo, il proprio nome e la propria storia è di fatto una risorsa importantissima attorno alla quale progettare spazi di lavoro dedicati, nei quali si distribuiscono contenuti ed esperienze, che danno origine ogni giorno nuovi brand. Da ciò possiamo comprendere quanto possa essere importante l’aspetto architettonico e ambientale l’importanza della funzionalità e dell’aspetto creativo nella realizzazione degli edifici, i quali naturalmente dovranno rispettare canoni precisi e rispondere precise linee estetiche. Creatività e funzione sono orientati agli usi e costumi dell’avatar.

Altspace VR selfies, 2016

Stex- E dunque quali sono i riferimenti estetistici di questo mercato?

Dario – I modelli estetici di riferimento sono differenti e prendono spunto generalmente dall’ l’architettura reale, dalla scenografia cinematografica o di quella legata al gaming o ancora agli stili musicali. Tutte influenze che poi si fondono con l’andar del tempo in stili ibridi.
Uno degli stili più gettonati del momento, ad esempio è sicuramente lo stile cyberpunk con le sue derivazioni, sinthwave, vaporwave, New retrowave i quali mixati con stili come lo stile classico giapponese o lo stile minimal forniscono il terreno creativo per la realizzazione di edifici che poi a loro volta influenzeranno il gusto estetico dei residenti. L’estetica Cyberpunk sta spopolando un pò ovunque e non parlo solo dei videogames o di Second Life. ma anche nel design degli oggetti fisici.
È un periodo in cui va di moda tutte e niente è considerato più obsoleto.

Stex – si, è un po’ mi stupisce. Si tratta di una estetica che data a trent’anni fa in cui probabilmente giocano due fattori. Il primo è che la storia appare come un fatto rieditabile a piacere, dunque si sciolgono i vincoli della novità inteso come mai vista prima. E dall’altro, diciamolo, c’è una mancanza di fiducia nell’effetto del futuro sui nostri immaginari. Potrei definirlo un effetto AstraZeneca dell’immaginario….

Dario – secondo me gioca il valore predittivo di certi modelli …. il cyberpunk è proiettato al futuro …e quando quel futuro arriva … come il 2019 di Blade Runner i suoi modelli estetici sono diventati parte della storia e della nostra realtà attuale.
Ad esempio, La musica dei Kraftwerk … non è più musica elettronica retrò ma Sinthwave. C’è da dire che loro stessi hanno modificato leggermente i loro pezzi per renderli perfettamente accettabili. Sta nell’adattamento al presente la via per il futuro.

Stex – Credo sia la strada che ci siamo dati ora, precedentemente non è stato così a mio parere. Ma hai ragione. Mi piacerebbe andare, a questo punto, a recuperi più radicali. Che ne pensi dell’estetica neoromantica e paesaggistica di Second Life?

Dario – a me non dispiace affatto, ha un suo mercato anche piuttosto importante. tuttavia, ti dico che ciò che mi ha sempre colpito del romanticismo non sono le sonate di Elgar o di Brahms … le quali sono indubbiamente coinvolgenti ma … le tempeste distruttive di Mahler …… quella contaminazione decadente fra romanticismo e furia … un suggerimento profetico al crollo degli ideali ottocenteschi d’innanzi all’imminente scontro fra gli imperi… Non esiste niente di più romantico di Mahler … riesce a raccontare storie d’amore di una profondità estrema … intercalandole con brandelli di corpi che esplodono nelle trincee…

Ammos Homes, 2018

Stex – Sei un passionale esplosivo, sotto la tua scorza razionalista. Avrai una bella pressione interna da domare! Ripensando al tuo concetto di “fine dell’obsoleto” mi concentrerei sul “tutto va di moda”, come dicevi. Potrebbe essere la fine dei generi, intesa come successione dei gusti e degli stili?

Dario – Si diciamo una sorta di attualizzazione di molti stili che attualizzandosi si contaminano dando luogo a ibridi. Gli stili e le mode non vengono più percepiti come appartenenti ad un determinato periodo storico ma come un’infinità di varianti tutte attuali e contemporanee sia nei linguaggi che nella forma. Per rimanere nell’ambito musicale, La musica dei Radio Moscow non è una rievocazione del Rock Progressivo anni ’70 ma uno dei generi rock assolutamente di moda nel 2020. Al contrario, Oxygene 19 Vr Live di Jean-Michel Jarre è un pezzo del ’76 o di un mese fa?

Stex – La sincronicità dei media permette alla gente di vedere tutto ora, in un unico enorme (esteticamente) presente dove tutto si sovrappone in una contemporaneità senza tempo...

Dario – esiste una contemporaneità di gusti e stili a cui far riferimento. Ma personalmente scelgo di addentrarmi in realtà parallele, di estrapolarne il gusto osservando a livello sociale cosa sceglie anche il pubblico.
Secondo te è più rappresentativo ed evocativo un pannello con stampata sopra un’immagine cyberpunk spacciato per arte — o il venditore di sushi che parla sia spanglish che giapponese che con un piccolo algoritmo AI ti offre da mangiare in un sobborgo buio e malfamato di night city?
Secondo me il secondo.
E allora quella dimensione dimessa e decadente molto Blade Runner uno la fa propria e la attualizza mixandola con altri spunti e dando origine ad un linguaggio personale. Nel mio caso uso questa logica per creare edifici commerciali per merchant virtuali…

Stex – Mi domando se questo melting pot dei mondi virtuali sia un bene o un male. Questo me lo suggerisce una vocina dentro di me che invoca l’ordine delle cose, una classicità perduta… anche se credo che sia a sua volta solo il riflesso di una paura, difendersi dall’evidenza dei fatti che ci dicono che il mondo è complesso e interlacciato… Ragionavo ad esempio su un aspetto del “campionamento” degli stili nazionali del passato in termini di creatività.
Negli anni 30 un manifesto grafico russo era immediatamente distinguibile da uno italiano o tedesco. Le caratteristiche culturali erano una chiara cifra stilistica, una ricchezza, una “biodiversità” che ora, dove tutto si mescola, si è persa o sembra che sia così. Ma è possibile un recupero in chiave “dis-obsolescenza”?

Dario – beh ma c’è gente che usa in chiave moderna quegli stili. lo stile psichedelico come quello cyberpunk non sono più obsoleti come non lo è quello legato alla propaganda sovietica, nel senso che si usano diversi stili trattandoli pariteticamente come fossero parte di un linguaggio attuale… E’ già così.

photo credit
cover: σ Pҽαƈҽ Lσʋҽ αɳԃ Hσρҽ , Sansar @ 2077 – 2020 (Sansar)
H u c k l e b e r r y H a x, Passage – 2018 (Second Life)
Adam Frisby, Photo from House Party – 2017 (Sinespace)
Brian Egendorf, Altspace VR selfies – 2016 (Altspace VR)
Moonsoul Kiyori, Ammos Homes . 2018 (Second Life)

One thought on “Never outdating style. Creatività, architettura e mercato nei mondi virtuali

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