Lexicon sulla Realtà Virtuale per digitally aware literate, parte seconda. Pubblicato in Filodiritto.it (III post)
A una tecnologia non basta funzionare.
Non basta solo per il fatto che si può fare, ci vuole qualcosa di più della risposta a perché e in che modo. Bisogna rispondere alla domanda che senso ha?
Che senso ha per me, che senso ha per la mia vita, che senso ha per chi mi circonda, le persone al lavoro, gli amici… Dare un senso non necessariamente sposa un comune sentire o una universalità ampia e condivisa. Certo, se gli strumenti riescono a influire nella nostra vita collettiva, se riescono a creare un ponte, un’area di comfort, con la tecnologia a cui va ad affiancarsi prima, e a sostituirla poi, in modo da non causare “strappi di senso” e fluire l’una nell’altra, ancora meglio.
Pensiamo alla telefonia cellulare mobile. Il suo innegabile successo deriva dal fatto che si era rilevata la assoluta necessità di telefonare camminando? C’era un’insofferenza ai bar e alle cabine del telefono? Non credo. Quello che ci ha dato è la possibilità di essere sempre con chi vogliamo, quando vogliamo. Ti penso, ti parlo. senza vincoli di vicinanza, senza vincoli di luogo. Poi a mano a mano che la telefonia cellulare si è arricchita di funzioni, la gestione dei flussi di dati ha preso il sopravvento. Il pensiero, la relazione, i sentimenti passano attraverso il telefono ed entrano nei nostri occhi, nelle nostre orecchie, nei cuori, nelle pance, nei sensi.